Quando niente nella giornata va come dovrebbe andare,
è l’aria del tramonto che mi consola in silenzio.
Per non sentire l’amarezza,
mi fermo al banco e compro le zeppole, i panzarotti, i crocchè.
Solo un’euroeottanta e il sacchetto di carta bianca pieno,
tutti guardano quella signorina con il vestitino leggero
che mangia la frittura con la faccia contenta di una bambina,
mentre il cielo sul decumano come sempre è una striscia di rosa e di azzurro,
fino ad aprirsi al cospetto del castello.
Mi piace lusingarmi pensando che la città sia lì per me a consolarmi:
la solita strada antica che porta a casa mia,
costellata di panni stesi, facce stanche e conosciute,
chi mi saluta, chi mi sorride e chi mi dà del voi
– il nome di Caravaggio scritto come fosse una reclame,
la faccia di San Gennaro affacciato dalla guglia,
il semaforo pedonale sempre rosso,
la fontana di marmo nel cortile del palazzo ed il fascino celato del fondaco immerso nella città,
i balconi bassissimi dove stanno seduti cani e bambini,
dove guardano la strada uomini senza maglietta
finisce anche l’ultima zeppola quando appare il Vesuvio,
e poi il mio portone,
il peso della giornata svanisce,
grazie alle carezze dell’invisibile mamma di tufo,
questa città che toglie e dà,
senza tregua e senza costanza,
ed io so che
finchè starò qui
avrò la certezza
di non aver sbagliato niente.
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Disegni di Mary Cinque
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