Il signor Eduardo inforca le lenti
la fronte aggrottata, lo sguardo sereno,
– graffiti irriconoscibili per i comuni mortali.
Ma gli occhi azzurri del signor Eduardo
decodificano l’indecifrabile nelle macchie blu di quello sguardo
e la scrittura antica
diventa come note scritte su un pentagramma
– lineare e cristallina.
Musica perfetta agli occhi di Eduardo
Da bambino manco sapeva leggere
Nemmeno aveva mai visto un libro
e adesso le lettere si mettevano in fila
e lui svelava i segreti dei faldoni impolverati e ordinati
piegato leggermente
portando il segno col dito
scandendo sillabe e parole,
spiegandole ai giovani.
Gli piaceva vedere i ragazzi
immersi nell’odore di carta tra gli scaffali altissimi nella sala fredda
dell’Archivio storico del Banco di Napoli.
Lui da ragazzo si era innamorato di quei volumi misteriosi
dalla prima volta che aveva messo piede nell’ex-Monastero
i chiostri diroccati e l’archivio con gli arredi lignei
i tavoli di consultazione
il silenzio ammuffito e rassicurante
il rintocco ciclico di un campanile tra i vicoli
Aveva scoperto, invaso da quel silenzio
i dettagli più reconditi della sua Napoli
L’amore era corrisposto tra lui e quei volumi
– lui interrogava senza parole e quelli rispondevano senza parlare.
Gli anni erano passati senza che lui se ne fosse accorto
a capo chino i suoi capelli si erano tinti di bianco
e mentre le parole si dipanavano sul filo delle righe strette
sfilavano in quel silenzio
nella sua testa
tutti i suoi ricordi
quando non sapeva leggere
e nel rifugio non c’era silenzio
– Non era uomo allora, Eduardo
portava ancora i calzoni corti
ma in fronte aveva due occhi affamati e affacciati sul mondo
La sirena gli faceva tremare i timpani e il petto
e mentre pensava a spingere sua madre con sua sorella
badava bene a dove metteva i piedi
e la notte, nella grotta di tufo
si radunava con gli altri compagni
La madre dormiva
la faccia contrita sul giaciglio
Dormiva il caporicovero
e loro risalivano la scala, quella che arrivava nel cortile
la città vuota, deserta
nel cielo della notte si aprivano come squarci i fasci di luce della contraerea
le strade buie, il motore degli aerei
e loro, impavidi
Scorrevano come un film davanti agli occhi del signor Eduardo
ordinate come le parole
le sue passeggiate notturne da ragazzino
il batticuore nei vicoli
e poi quella volta
quella notte in cui entrarono nel Monastero
C’era umido e silenzio e scoppi di bombe
e nessuno, se non quei volumi
gli occhi di Eduardo affacciati sul mondo
capirono che quello era il panorama che volevano indagare
capire quei simboli strani
– e là erano finiti i ricordi di Eduardo
tutti tra i faldoni, le sigle, le annotazioni di anonimi copiatori
lo studio si era fuso con la sua vita
e, finita la guerra, era iniziata la sua ricerca.
Ed oggi,
oggi lui è l’unico vero esperto dell’archivio
l’unico in grado di trovare le risposte
e a sapere quali sono le domande da porre a quei volumi
La gente in visita, le scolaresche
rimangono tutti rapiti dalla sua intimità con gli scaffali
dalle dita esperte, che portano il segno
ed ogni giorno lui è lì
anche adesso ed anche domani
e mai si estinguerà la sua presenza tra gli scaffali
poiché tra le parole in fila sono i suoi ricordi, la sua vita
ed ogni lettore dovrà leggere e leggerà senza saperlo
di Eduardo
poiché egli è l’Archivio.
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SONO COMMOSSA, GRAZIE ILARIA! EDUARDO E’ MIO PADRE. E’ BELLO GUARDARLO ATTRAVERSO I TUOI OCCHI