Mary and me – 6. Madonna napoletana

L’antica arte si consuma
sulla pelle di quelle mani giovani ed esperte
instancabili, impegnate nel minuzioso lavoro
quasi ogni giorno.
Il mestiere imparato in dialetto
osservato nei gesti del nonno
e poi di suo padre
– quando il sole taglia i vicoli
vorrebbe solo uscire a fumare coi compagni
e non averlo mai imparato.
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Ogni giorno modella
nasi volti mani
e gambe con scarpe e calze
– la venditrice di spighe
il pescatore imbruttito dalla fatica
il ragazzo al pozzo e le sue mummarelle
l’oste anziano
la giovane donna al mercato
i giocatori attorno al tavolo di legno
terracotta fil di ferro sughero
ogni giorno tra le sue mani
nascono le facce del presepe napoletano
– ne aveva uno solo suo
dove conservava i suoi pastori più belli.

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Tanti giorni di lavoro
nella tensione di quelle due settimane di Dicembre
quando il mestiere esce dalla bottega
e insieme a suo cugino Angelo
andava a montare la bancarella schierata in bella mostra
sui gradini dell’antica chiesa di San Lorenzo.
Il freddo
il sole
la folla a passeggio
in quel periodo riempiono le sue orecchie
e le sue giornate
insieme all’ineluttabile percezione
di quell’antico mestiere
ereditato in silenzio come un segreto
come una catena che lo teneva seduto lì
a modellare volti
senza poter essere una
delle facce della folla a passeggio.
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Ogni due ore o poco più
nell’arco di tutta la giornata
si fermava lei all’angolo
un gruppo di persone al seguito
alle quali ripeteva più o meno
sempre le stesse parole.
Chiedeva a suo cugino
di abbassare il volume della piccola radio
che vomitava gracchiando pezzi neomelodici
perchè voleva poter ascoltare
ogni due ore o poco più
quelle stesse parole
– da privilegiato e senza pagare.
Grazie a lei aveva imparato
che quella era la piazza più antica
fulgido cuore pulsante
della magnifica polis greca
– dalla sua voce aveva sentito
parole mai udite prima in dialetto
altre lingue, ormai scomparse
lei le aveva usate per spiegare quella strada
una delle tre che tagliavano la città
e così Spaccanapoli era diventata il Decumanus Maior
– le piccole dita e le unghie con lo smalto
indicavano le colonne in alto,
davanti alla chiesa,
i nasi della gente si rivolgevano tutti a guardare appresso al dito
lui sentiva la voce di lei
e nella basilica riusciva a leggere il magnifico tempio
– di notte, quei luoghi che lei gli aveva mostrato di giorno
finivano in sughero e legno
a riempire il suo presepe segreto.

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La mattina fatta dei racconti di Angelo
e le domande insistenti della zia sul lavoro
si dissolvevano in quel quarto d’ora
– lui che voleva riempire gli occhi dei luoghi silenziosi della sua città
era solo costretto a riprodurli in piccola scala
mentre lei soltanto parlando
sapeva condurlo in cima al campanile fatto di lava
a vedere ogni cappella della chiesa del Petrarca
perso nei cunicoli sotterranei
– e senza che mai lui aprisse un libro
senza che mai lui rivolgesse una domanda
e senza che mai lei lo sapesse
quello che aveva imparato di più da ciascuna di quelle visite guidate
era proprio quel ragazzo col berretto seduto all’angolo
con lo sguardo timido
e le mani rovinate.
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Capitava che la vedesse attraversare piazza San Gaetano
di corsa, parlando a telefono
diretta al bar per il caffè
avrebbe voluto parlarle
sentire quella voce
dire cose solo per lui
avere il verde di quegli occhi attenti
dentro i suoi
– ma lei solo gli sorrideva
sempre a passo svelto
senza parlare mai.
Il decumano gli scorreva sotto gli occhi
le note si consumavano nelle orecchie
e lui sapeva che l’unico modo per averla
era che quel piccolo naso
quelle mani minuscole
fossero quelle di lei
– lei che tra le mille facce tra la folla di Natale
e pure d’Agosto, o in primavera
era quella che sapeva riconoscere all’istante
non l’aveva mai guardata a lungo e da vicino
ma modellava la terracotta
come ormai solo lui in famiglia era in grado di fare
e sotto le sue dita era come sentire la pelle di lei
– finchè, sotto lo sguardo marmoreo degli angioletti ai piedi del Santo
ma senza che Angelo veda
l’ultima pastorella è proprio lei
il castano dei capelli dipinto proprio come il suo
e stanotte,
se non potrà averla mai con sè
se non potrà mai andare con lei a vedere la chiesa di San Lorenzo
o il castello sul mare e tutti i posti di cui parla agli sconosciuti
se non potrà mai averla nel suo letto
l’avrà nel suo presepe
– una bellissima Madonna napoletana.
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Disegni di Mary Cinque

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Leggi anche:

Intro
1. La via di casa
2. Carmela
3. Eduardo
4. Monte Pio
5. La direttrice

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3 pensieri su “Mary and me – 6. Madonna napoletana

  1. Pingback: Mary and me – 7. Bellini | LeDueSirene

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