L’antica arte si consuma
sulla pelle di quelle mani giovani ed esperte
instancabili, impegnate nel minuzioso lavoro
quasi ogni giorno.
Il mestiere imparato in dialetto
osservato nei gesti del nonno
e poi di suo padre
– quando il sole taglia i vicoli
vorrebbe solo uscire a fumare coi compagni
e non averlo mai imparato.
Ogni giorno modella
nasi volti mani
e gambe con scarpe e calze
– la venditrice di spighe
il pescatore imbruttito dalla fatica
il ragazzo al pozzo e le sue mummarelle
l’oste anziano
la giovane donna al mercato
i giocatori attorno al tavolo di legno
terracotta fil di ferro sughero
ogni giorno tra le sue mani
nascono le facce del presepe napoletano
– ne aveva uno solo suo
dove conservava i suoi pastori più belli.
Tanti giorni di lavoro
nella tensione di quelle due settimane di Dicembre
quando il mestiere esce dalla bottega
e insieme a suo cugino Angelo
andava a montare la bancarella schierata in bella mostra
sui gradini dell’antica chiesa di San Lorenzo.
Il freddo
il sole
la folla a passeggio
in quel periodo riempiono le sue orecchie
e le sue giornate
insieme all’ineluttabile percezione
di quell’antico mestiere
ereditato in silenzio come un segreto
come una catena che lo teneva seduto lì
a modellare volti
senza poter essere una
delle facce della folla a passeggio.
Ogni due ore o poco più
nell’arco di tutta la giornata
si fermava lei all’angolo
un gruppo di persone al seguito
alle quali ripeteva più o meno
sempre le stesse parole.
Chiedeva a suo cugino
di abbassare il volume della piccola radio
che vomitava gracchiando pezzi neomelodici
perchè voleva poter ascoltare
ogni due ore o poco più
quelle stesse parole
– da privilegiato e senza pagare.
Grazie a lei aveva imparato
che quella era la piazza più antica
fulgido cuore pulsante
della magnifica polis greca
– dalla sua voce aveva sentito
parole mai udite prima in dialetto
altre lingue, ormai scomparse
lei le aveva usate per spiegare quella strada
una delle tre che tagliavano la città
e così Spaccanapoli era diventata il Decumanus Maior
– le piccole dita e le unghie con lo smalto
indicavano le colonne in alto,
davanti alla chiesa,
i nasi della gente si rivolgevano tutti a guardare appresso al dito
lui sentiva la voce di lei
e nella basilica riusciva a leggere il magnifico tempio
– di notte, quei luoghi che lei gli aveva mostrato di giorno
finivano in sughero e legno
a riempire il suo presepe segreto.
La mattina fatta dei racconti di Angelo
e le domande insistenti della zia sul lavoro
si dissolvevano in quel quarto d’ora
– lui che voleva riempire gli occhi dei luoghi silenziosi della sua città
era solo costretto a riprodurli in piccola scala
mentre lei soltanto parlando
sapeva condurlo in cima al campanile fatto di lava
a vedere ogni cappella della chiesa del Petrarca
perso nei cunicoli sotterranei
– e senza che mai lui aprisse un libro
senza che mai lui rivolgesse una domanda
e senza che mai lei lo sapesse
quello che aveva imparato di più da ciascuna di quelle visite guidate
era proprio quel ragazzo col berretto seduto all’angolo
con lo sguardo timido
e le mani rovinate.
Capitava che la vedesse attraversare piazza San Gaetano
di corsa, parlando a telefono
diretta al bar per il caffè
avrebbe voluto parlarle
sentire quella voce
dire cose solo per lui
avere il verde di quegli occhi attenti
dentro i suoi
– ma lei solo gli sorrideva
sempre a passo svelto
senza parlare mai.
Il decumano gli scorreva sotto gli occhi
le note si consumavano nelle orecchie
e lui sapeva che l’unico modo per averla
era che quel piccolo naso
quelle mani minuscole
fossero quelle di lei
– lei che tra le mille facce tra la folla di Natale
e pure d’Agosto, o in primavera
era quella che sapeva riconoscere all’istante
non l’aveva mai guardata a lungo e da vicino
ma modellava la terracotta
come ormai solo lui in famiglia era in grado di fare
e sotto le sue dita era come sentire la pelle di lei
– finchè, sotto lo sguardo marmoreo degli angioletti ai piedi del Santo
ma senza che Angelo veda
l’ultima pastorella è proprio lei
il castano dei capelli dipinto proprio come il suo
e stanotte,
se non potrà averla mai con sè
se non potrà mai andare con lei a vedere la chiesa di San Lorenzo
o il castello sul mare e tutti i posti di cui parla agli sconosciuti
se non potrà mai averla nel suo letto
l’avrà nel suo presepe
– una bellissima Madonna napoletana.
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Disegni di Mary Cinque
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