Inizia il giorno nella stanza con le tende chiuse
il pc acceso dalla notte
lo schermo fermo sulla fine della puntata in streaming
la ceneriera ancora stracolma
e le matite, gli evidenziatori
i libri fotocopiati tutt’intorno.
La sveglia suona
e risuona ancora
tra le foto appese al muro
la stampa di Van Gogh e Monet
e il Vesuvius di Warhol
– quando è troppo tardi
e non deve andare a lavoro
sa già che la giornata si perderà tra aule occupate e scalini al sole.
Già varcando Port’Alba, rivolgendo l’ennesimo sguardo alla statua di San Gaetano
all’apice del portale poligonale
il tempo inizia a sfuggirle dai pensieri
correndo sulle copertine dei libri sulle bancarelle.
Là finiva Neapolis
e la capitale del Viceregno
e oggi ci finiscono e ci iniziano i giorni
di lei dei suoi amici
di quelli che a Napoli escono tutte le sere.
Il pomeriggio si consuma nel caffè schiumato
preso al tavolino di un bar al centro
e nella musica che come un soffuso sottofondo
emerge dalle pareti del Conservatorio
– si svolge così la poesia del centro storico dell’antica città
che sa accogliere tutti in quelle strade come vene
persone come il sangue che scorre
– pulsa calpestando i basoli dei decumani
seduto sulle panchine delle piazze
sangue che pulsa
che dà vita alla millenaria Napoli.
Eleonora sa di essere solo una goccia
e da quel flusso in continuo movimento
sa emergere
e sa sprofondarci dentro
ma spesso tra quei vicoli dove s’incanta a scoprire scorci mai visti
a respirare le storie del passato che legge sui libri
non sa qual è la direzione giusta
dopo aver sbandato pesantemente
dopo aver inseguito i passi di qualcun’altro
allora come se la banalità fosse la risposta
lascia che riempiano i suoi vuoti
i saluti rivolti con la mano
o le chiacchiere inutili spese per una buona mezz’ora
il tempo impiegato a vedere il profilo facebook di quello dell’altra sera
e di quella che fa la stronza e mette le foto col culo di fuori anche d’inverno
– mentre sfilano cani con i padroni
senza guinzaglio
e frisbee e ragazzi con la chitarra
professionisti che hanno finito di lavorare
il profilo del campanile della Pietrasanta
esplode d’arancio e comincia la sera.
Avevano messo in fila i mattoni del tempio pagano
reimpiegato i marmi splendenti e le epigrafi dei notabili della città
e adesso l’antica costruzione dà il suo assenso silenziosa
– dove si dice danzassero vestali e poi streghe
oggi c’è la volante della municipale
un bar che fa vedere la partita del Napoli cinque euro
e gente che passa che chiacchiera
che ride
che urla
che va a fare l’aperitivo.
Cambia faccia ogni strada del centro
si riempie uno spazio all’angolo delle antiche mura
che diventa brulicante e affollato di persone
sguardi birre parole gesti
tre pacchetti un euro
gente che si conosce e non si saluta
gente che si saluta e non si sopporta
la bacheca virtuale si trasferisce in piazza
e solo così Eleonora si accorge di non saper cliccare e condividere
cercando un solo sguardo tra molti
ricordando la perfetta simmetria delle spalle di lui
e quando la mattina li sorprendeva da soli lontani da tutto
in un’estate appena finita.
Le birre diventano cocktails
e poi cicchetti
come se ogni sera ed ogni notte
esplicasse la sintesi di ogni mattina e di ogni giorno
la triennale, la specialistica e poi il dottorato
chi ha un’età e non vuole impegnarsi
il lavoro che non c’entra un cazzo con gli studi
le foto condivise che non avrebbe mai voluto vedere
– tutto quello che una giovane donna può fare
naufraga nelle serate al centro nella speranza di rivederlo
– ogni cosa annega in quelle facce
puntuali come l’alba.
La notte riusciva a sentire la voce della malinconia
nascosta tra le parole di discorsi alcolici
dove le chiacchiere fanno più rumore di tutto
dove il fumo non odora di tabacco
e i pensieri che si accumulano come le bottiglie di vetro
la notte che è notte e non sa più a che ora è cominciata
la sregolatezza che diventa l’unica costante
espressa in ogni mattinata scandita dal mal di testa.
Il turbinio notturno si risolve in un cielo azzurro
– Eleonora, ripercorrendo i passi fatti nella notte
di giorno l’armonia che cercava
la ritrova nella perfezione delle nervature a sesto acuto
inseguendole con lo sguardo lungo la parete
finchè non s’incrociano nel punto più alto della campata gotica
e lì al culmine dell’architettura medievale
nell’eco del silenzio della navata
sente crescere in sè pietra dopo pietra
quella solida e temporanea tranquillità
che varcato il portale per andare ai corsi
torna ad essere una nuova sfida
da affrontare col sole e con le stelle
cercando di dimenticare gli occhi suoi
persa notte e giorno
tra le strade del centro storico.
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Disegni di Mary Cinque
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